sabato 15 ottobre 2011

Un trucco vecchio come il mondo



Un trucco vecchio come il mondo: un padre, per non versare più il mantenimento al proprio figlio, si licenzia da dipendente e va a lavorare come libero professionista.


A maggior ragione se ha, nel frattempo, conosciuto una donna con figli suoi da mantenere (a proposito, il padre di questi ragazzini, di solito, dove sta?).
Lo vediamo, sentiamo e leggiamo tutti i giorni: “Padri separati vanno a mangiare alla Caritas”, messi sul lastrico dalle loro ex mogli.
Già, le ex mogli, questo è il problema!


Bisogna fare, secondo me, un distinguo tra i padri separati e gli uomini separati con figli. Perché c’è una grande differenza.


I padri separati amano i loro figli e perciò:

· temono di perderli
· non mancano a un appuntamento, a un’occasione per poter insieme a loro
· versano puntualmente il loro mantenimento
· cercano di partecipare alla loro vita sociale e scolastica, mettendo da parte l’astio nei confronti della loro ex compagna


Questo è l’amore paterno!

Mentre gli uomini separati con figli sono animati dal rancore che provano verso le loro ex compagne (specialmente se sono stati da loro lasciati) e usano i loro figli (di cui non gliene frega nulla), per colpirle.
Perché, si sa, i figli sono nati dalle mamme e quale legame può essere più forte di quello che li lega?


Allora iniziano ad accampare scuse per andare a prenderli o pretenderli quando sanno che, al contrario, non possono averli (come quando sono ammalati o appena nati e necessitano del calore materno).
Ora io dico a questi padri: ma i documentari del regno animale, li avete mai visti?


Ma andiamo con ordine.


Ogni scusa è buona per fare la guerra alle loro ex (anche se hanno già un’altra compagna che, per gelosia o interesse, li incita maggiormente): dal criticare le abitudini che impartiscono ai figli, al vestiario, a ogni aspetto della loro vita.
Non gli va bene mai nulla e coinvolgono i figli in questa continua recriminazione.


Il tempo dedicato alla loro prole, di questi uomini separati con figli, non è né sereno né costruttivo, ma saturo di veleno. Poi si lamentano e non capiscono perché i figli non vogliano trascorrere il loro tempo libero con loro…
Non ci vuole una scienza per capirlo! Eppure, certi “scienziati” oggi, obbligano i figli maltrattati a stare a forza con chi ha contribuito a metterli al mondo (i padri sono un’altra cosa!).


Il denaro è quello a cui sono maggiormente legati. E si distinguono proprio in questo: iniziano col parlare dei loro diritti negati di genitori e subito dopo attaccano a parlare di soldi. L’AMORE non esiste nel loro vocabolario. Facendo mancare il contributo economico alla loro ex (denaro che serve a crescere il proprio figlio), pensano di danneggiare “lei”, la madre, mentre in realtà è sempre sui figli che ogni azione negativa si ripercuote.

Figli Vittime due volte: di una separazione subita, di cui nessuno ha chiesto né s’è preoccupato della loro sofferenza e dell’odio in cui vengono continuamente coinvolti dopo la separazione. Ma un figlio vuole sempre bene a entrambi i suoi genitori. A meno che il genitore non gli renda insopportabile la sua presenza.


Oggi, si sta affermando sempre di più, una nuova categoria di uomini separati con figli di cui nessuno però parla: quelli che chiedono il mantenimento per sé e per i figli alle loro ex mogli o compagne.
Per fare ciò, a volte è necessario togliere i figli alla ex compagna (magari accusandola di PAS), altre volte è sufficiente dichiararsi “poveri”. Praticamente si lamentano delle donne che ritengono “parassite” mentre poi…


E se molti padri vanno alla Caritas a mangiare, molte madri, vanno a pulire le scale dei palazzi pur di sopravvivere. Senza fare tanto clamore.

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venerdì 10 dicembre 2010

La Sindrome della Madre Malevola


Se una coppia con figli oggi decide di separarsi davanti a un giudice presenta, in allegato all’istanza, un “progetto educativo genitoriale” con la ripartizione dei compiti e dei capitoli di spesa assegnati a ciascun genitore (l’interesse economico non può mancare!).

Il motivo di tale “progetto educativo genitoriale” è che il minore, possa continuare a vivere con ciascun genitore indipendentemente dal rapporto che i suoi genitori hanno tra loro perché “devono saper distinguere la relazione di coppia dalla loro relazione genitoriale”.

Se uno dei due genitori ostacola la frequentazione del figlio con l’altro genitore o lo scredita ai suoi occhi, può essere escluso dall’affidamento.

Quale mezzo migliore per far sì che l’esclusione possa avvenire?

Detto fatto, la soluzione è arrivata da uno psicologo americano che ha fatto la sua notorietà, oltre che la sua fortuna, pubblicando da sé i libri che scriveva e vendendo a caro prezzo le sue consulenze a favore dei padri nelle cause per l’affidamento dei figli.

Questo psichiatra di nome Richard Gardner oramai noto a molti, ha coniato una cosiddetta “sindrome” della “madre malevola” e il nome non mi sembra scelto a caso!

Infatti, sebbene molti padri screditino le madri agli occhi dei loro figli, non subiscono alcun ché di punizione semplicemente perché si tratta di un pregiudizio esclusivamente nei confronti delle madri.

La cosiddetta “Sindrome della Madre Malevola” o PAS o “Sindrome di Alienazione Genitoriale”, conosciuta insomma in diversi nomi, colpisce le madri le quali vengono allontanate dai loro figli, anche quando i padri hanno comportamenti scorretti e discutibili, violenti o abusanti nei loro confronti, partendo dal presupposto che esse ricorrano alle denunce per ottenere l’affidamento esclusivo dei figli minori.

Questa “sindrome” ha lo scopo di togliere i diritti a madri e bambini, a far si che non possano più difendersi dalle violenze, oltre che a smantellare i consultori e i centri antiviolenza nei quali essi si rifugiano, sostituendoli con i centri di mediazione familiare dei padri separati, perfettamente in linea con la loro ideologia, ovviamente!

In molti conosciamo purtroppo la “simpatia” che Gardner nutriva per i pedofili.

Sue sono le frasi: “L’abuso sessuale non è necessariamente traumatico, ciò che renderà traumatiche le molestie sessuali è l’atteggiamento sociale verso questi incontri”;
“Particolare attenzione deve essere presa nel non allontanare il figlio dal padre che lo ha molestato”;
“Il bambino deve essere aiutato a comprendere che noi abbiamo nella nostra società un atteggiamento esageratamente punitivo e moralista sugli incontri sessuali fra un bambino e un adulto”;
“La madre deve essere aiutata a capire che nella maggior parte delle società nella storia del mondo, tale comportamento è stato onnipresente”; e così via…


Prima che Gardner si suicidasse, una giornalista gli domandò: “Che cosa deve fare una madre quando il figlio le confida di essere stato abusato dal padre?” Egli le rispose: Deve dirgli “Non dire nulla di tuo padre o ti picchio”!

Le teorie di Gardner, sono accettate e applicate da molti professionisti che si occupano delle cause familiari e sono quanto di più irrispettoso e fazioso possa esistere nei confronti delle madri e di perverso riguardo agli abusi sui minori! In Italia tutto questo è relativamente nuovo e ne stiamo già constatando le conseguenze nefaste nelle vite delle madri e dei bambini.

I figli, che non hanno voce in capitolo riguardo al loro affidamento, non possono scegliere di voler vivere con la madre perché equivarrebbe a essere etichettati come “manipolati” da lei!

La sindrome di Gardner non è stata riconosciuta scientificamente e, anzi, gli Stati che l’hanno già conosciuta e adottata prima di noi (America, Spagna, Francia, Inghilterra, ecc..) ne hanno denunciato la pericolosità e dannosità.

Le vittime di quest’assurda teoria non si contano più...

Alcuni bambini, allontanati dal genitore protettivo e costretti a vivere col genitore abusante, divenuti grandi, stanno parlando con la speranza che tutto questo non accada nel mondo ad altri bambini e alle loro mamme.

E lo speriamo anche noi, come speriamo che molte madri ricevano le giuste informazioni sui cambiamenti che sono avvenuti in questi ultimi anni riguardo all’affidamento dei figli minori.


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giovedì 9 dicembre 2010

La Legge dei Padri



Sembra lontano oramai il tempo in cui i figli, nelle cause di separazione, erano affidati alle sole madri, anche se, ancora oggi, alcuni padri separati lamentano il fatto che alcuni giudici non applichino la Legge 54/06 sull’Affido Condiviso.

A dire il vero, ancor prima che tale legge fosse approvata, esisteva l’affido congiunto per quei coniugi che lo richiedevano insieme, in base alla normativa sul divorzio del 1970.

Prima del 2006, l’affido esclusivo a un solo genitore (di solito la madre) era una regola che limitava, di fatto, l’esercizio della potestà genitoriale dell’altro genitore “non affidatario”.

Alcune mamme, in passato, abusavano di questa sorta di “potere” concesso loro dalla Legge per ricattare sul piano affettivo ed economico i padri dei loro figli (oltre che ex mariti).

Ho rispetto per quei padri che, nonostante tutto (ho un parente che vive questa situazione) non hanno mai perso di vista il loro primario interesse: il benessere dei loro figli, non sottraendosi mai alle loro responsabilità affettive, educative ed economiche e non usandoli contro le loro ex consorti.

Naturalmente sto parlando dei padri meritevoli, un discorso a parte meritano i padri violenti o abusanti.

Sono convinta che, chi non nutre un vero interesse verso il proprio figlio, cerca ogni piccola scusa per sottrarsi alle sue responsabilità genitoriali (in primis quello economico!) e rifarsi un’altra vita.

Con l’introduzione del concetto di bigenitorialità voluto dai padri separati, solo ideologicamente le cose sono migliorate. Stando a questo concetto, infatti, "i figli continuano a vivere in modo alternato con ciascun genitore, mantenendo rapporti equilibrati con entrambi i genitori" anche dopo che essi si sono separati.

Sarebbe perfetto, se non fosse che…

Di solito una coppia, quando si lascia, lo fa perché è in conflitto.

Domando: E’ il bambino che deve mantenere un “equilibrio” tra i genitori separati? Come possono due genitori che non vanno più d’accordo, riuscire a giungere a compromessi nell’interesse del figlio senza coinvolgerlo nelle loro liti? Se sì, quanti sono in percentuale i genitori che ci riescono?

Io la vedo dura, non perché sono pessimista o catastrofista, ma perché troppo spesso, a prevalere nelle discussioni non è il buon senso che avrebbe fatto certamente da collante “prima” e avrebbe tenuto unita la coppia.

L’unico motivo per cui l’Affido Condiviso, secondo la L.54/06, non può essere applicato, è “quando il comportamento dell’altro genitore nei confronti del figlio è contrario all’interesse del minore stesso.
In questo caso, a essere limitata sarà soltanto la frequentazione ma non la capacità genitoriale di quel genitore”.

E ancora.

“La tenera età del minore, la lontananza fisica dei due genitori, la loro conflittualità (“se essi non si comportano in modo contrario all’interesse del figlio”), non sono considerati validi motivi per l’affidamento a un solo genitore”.

Qui mi sorgono altri dubbi…

In conformità a questi presupposti, un giudice può affidare un figlio a un solo genitore soltanto per motivi “gravi”. Dunque, per quale motivo a tale genitore debba essere preclusa la frequentazione del figlio ma gli si debba dare la possibilità di prendere decisioni importanti riguardanti la sua vita?

Per quanto riguarda la tenera età, invece, i neonati hanno un estremo bisogno del contatto della loro mamma e i papà che amano i loro figli, possono pazientare per qualche mese prima di pretendere di tenerli con sé per tante ore!

La conflittualità tra due genitori, anche se “singolarmente non si comportano in modo contrario all’interesse del figlio”, può essere dannosa alla crescita della prole, come avviene ad esempio quando i bambini assistono a scenate violente, a danneggiamenti o a comportamenti persecutori da parte di un genitore nei confronti dell’altro.

Secondo me, non si può applicare la stessa legge indistintamente a tutte le coppie che si presentano davanti al giudice della separazione.

Se le intenzioni di chi ha promosso la Legge sull’Affido Condiviso erano buone (…tutela essenzialmente la figura paterna!), non lo sono altrettanto quelle di quei padri che oggi la usano per fare la guerra alle loro ex mogli, traumatizzando i loro bambini.



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domenica 28 novembre 2010

BAMBINI ESPOSTI ALLA VIOLENZA DOMESTICA



I bambini assistono impotenti alle liti tra i genitori tra urla, insulti e percosse.

I bambini vedono e sentono impauriti, ma non dicono nulla.

Dei bambini testimoni e vittime della violenza domestica, non si occupa nessuno.

In Francia è emerso che il 30 al 40 per cento dei bambini testimoni di violenza domestica, sono anche vittime di abusi. I bambini sono esposti alla violenza sia fisica che psicologica e alcune volte, purtroppo, ne rimangono coinvolti in prima linea, come accade nelle stragi in famiglia.

I bambini costituiscono un bel business per molte persone, ma ben pochi si preoccupano realmente della loro tutela.

Anche in assenza di violenza fisica, l’ambiente familiare può essere molto nocivo al sereno sviluppo psicofisico del minore per la mancanza di armonia e di rapporti civili tra i suoi componenti.

Oltre alla paura e all’ansia, in questi bambini può presto manifestarsi una mancanza di concentrazione che porta agli insuccessi scolastici e persino alla depressione.

Un bambino esposto per anni alla violenza in famiglia, ha più probabilità di diventare un adulto violento perché non conosce altra realtà all’infuori di quella che lui ha sempre vissuto.

C’è da sperare che nelle coppie che si separano cessi la violenza, con l’aiuto della giustizia o dell’intervento dei servizi sociali.

Ma oggi, purtroppo, sappiamo benissimo come, in virtù della legge sull’affido condiviso, molti uomini continuino “per l’interesse del minore”, ad avere libero accesso nella vita delle ex compagne e dei figli e poco importa, in molti casi, se sono stati denunciati o condannati per violenza.

Ai bambini oggi non si dà molto ascolto perché prevale la convinzione che siano manipolati dalle loro mamme e perciò sono considerati a priori poco attendibili.

Per una donna (psicologicamente intendo), è tutt’altro che semplice decidere di denunciare il proprio marito o compagno. Spesso, quando da vittima si sente in pericolo, ha l’urgenza di lasciare la casa coniugale e proteggere i figli. Molte volte lo fanno senza essersi prima rivolte al giudice.

Se i parenti stretti non possono ospitarli, è costretta con i figli a rivolgersi ai centri antiviolenza (che i violenti e i maschilisti vorrebbero fossero smantellati).

Al di là delle analisi che vengono fatte per giustificare gli uomini violenti (ahimè, oggi accade!) che si comportano come se donne e bambini fossero di loro proprietà, bisogna osservare come l’interesse primario non sia più quello di tutelare le vittime, bensì i loro carnefici.

Giudici, assistenti sociali, psicologi, si orientano su diverse ipotesi.
La prima è che la presenza del padre sia essenziale per lo sviluppo del bambino, anche se è un uomo violento perché, in sintonia con la legge sull’affido condiviso, “un uomo violento può essere un buon padre”.

E se poi accade che “un buon padre” uccida i suoi figli, poco importa.

Nessuno si sognerà mai di chiamare in causa chi ha facilitato che tutto questo accadesse.

Nonostante le faticose lotte che le donne, nostre ave, hanno dovuto combattere nei secoli per affermare la propria dignità e i propri diritti, noi donne di oggi siamo regredite alla peggiore società patriarcale.

Sostenere che la violenza si può “curare” con la mediazione familiare e la terapia psicologica, è falso e pericoloso per la donna (vedi caso di Cristina Rolle, uccisa davanti all’assistente sociale con 50 coltellate dal marito) perché dà l’illusione che il problema può essere risolto.

La realtà dimostra invece che le donne continuano ad essere aggredite da questi uomini violenti.

Il vero obiettivo che si propongono coloro che vogliono affermare i diritti di tutti i padri, indistintamente, anche di quelli violenti o a cui non interessa nulla di svolgere il loro ruolo genitoriale, è quello di ripristinare il controllo patriarcale sulle donne e bambini. Ma questo è fonte di un prossimo articolo.


Maeva Rubini

mercoledì 6 ottobre 2010

"AFFIDI CRESCIUTI DEL 60%"


Intervista a Raffaele Tangorra, direttore generale per l'inclusione e gli Affari sociali del ministero del Lavoro.

Su 32 mila minori senza famiglia, 15 mila minori crescono nelle case famiglia? Non sono troppi?

R: Si, ma bisogna considerare che la pratica dell'affido familiare è cresciuta del 60per cento negli ultimi 10 anni. Se nel 1987 i minori affidati erano 9 mila, nel '97 erano a quota 10 mila, oggi abbiamo raggiunto 16 mila.

Le case famiglia funzionano meglio degli orfanotrofi?

R: La differenza formale tra le due strutture è nel numero. Si considerano case famiglia quelle con meno di 12 bambini. Il monitoraggio su cosa siano diventati gli ex orfanotrofi non è semplice, perchè non ci sono normative nazionali che stabiliscano i parametri. Gli standard vengono fissati a livello regionale e comunale.

Esiste anche un grosso problema di finanziamenti alle casa famiglia. Il governo aumenterà i fondi?

R: Il fondo nazionale che l'amministrazione centrale destina alle Politiche sociali nel complesso non supera il miliardo di euro, spartito fra tutte le regioni. Il totale della spesa sociale nazionale è invece di 6 miliardi, quindi la maggior parte delle risorse arrivano da Regioni e Comuni. E anche il modo in cui vengono utilizzate e ripartite è di competenza locale.


Valeria Bobbi
per MetroNews, 28/09/10

Senza famiglia 32mila minori


2010-09-28 15:55:26

Gli orfanatrofi sono chiusi, ma la metà dei ragazzi abbandonati vive ancora in struture di accoglienza.

In Italia sono 32 mila i minori che vivono al di fuori della famiglia, vittime di incuria, abbandono, maltrattamenti e violenze. Di questi oltre 15 mila sono affidati a strutture di accoglienza. L'incidenza media è di circa 1 minore affidato ogni mille. Nell'80% dei casi l'affidamento è disposto dal Tribunale dei Minori. I minori stranieri rappresentano il 14% del totale di quelli affidati alle strutture di accoglienza.

Sono i dati denunciati dalla Fondazione L'Albero della Vita Onlus, che ha inaugurato ieri la Campagna di raccolta fondi “Emergenza minori - L'infanzia negata”, un'iniziativa mediatica che ha l'obiettivo di sensibilizzare sul tema dell'infanzia e raccogliere fondi a sostegno dei progetti, nazionali e internazionali, a favore dei minori che vivono in gravi condizioni di disagio. La buona notizia è che gli orfanotrofi fanno ormai parte della storia dell'Italia.
Dallo scorso novembre, sul nostro territorio non esiste più alcun istituto vecchio stampo, luoghi spersonalizzanti e freddi che hanno accolto e fatto crescere nel passato i bambini senza famiglia. Un percorso cominciato nel 2001, con l'approvazione di una legge ad hoc sull'abolizione degli orfanotrofi, quando in istituto c'erano ancora 7 mila bambini.

http://www.metronews.it/news-italia/senza-famiglia-32mila-minori-2.html?Itemid=30457

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venerdì 1 ottobre 2010

Separati e senza soldi? Ai nipoti pensino i nonni



La Suprema Corte
La Cassazione precisa che, in caso di separazione dei genitori, i bambini devono essere mantenuti dai nonni, però soltanto se entrambi
i genitori sono indigenti.



Una madre può pretendere denaro dagli ex suoceri se il suo ex marito non adempie all’obbligo del mantenimento dei bambini. Però la donna deve essere priva di fonti di reddito. I nonni infatti si possono chiamare in causa solo se entrambi i genitori sono al verde. Lo ha ribadito la Cassazione in una sentenza, rigettando il ricorso di una donna, laureata e proprietaria di ville, che pretendeva dagli ex suoceri un assegno per mantenere il bambino nato dal matrimonio con il loro figlio. Un uomo che era sempre stato inadempiente all’obbligo di mantenere il piccolo.

Obbligo dei genitori

La Suprema Corte (prima sezione civile, sentenza n.20509) ha ricordato che l’articolo 147 del codice civile impone ai genitori l’obbligo di mantenere i propri figli e che “tale obbligo grava su di essi in senso primario ed integrale, il che comporta che se uno dei due non voglia o non possa adempiere, l’altro deve farvi fronte con tutte le sue risorse patrimoniali e reddituali e deve sfruttare la sua capacità di lavoro, salva comunque la possibilità di agire contro l’inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle sue condizioni economiche”. In questo caso la signora, avendo possibilità economiche, non poteva “rifarsi” sui genitori del suo ex marito.


http://city.corriere.it/2010/10/01/milano/i-fatti/separati-senza-soldi-nipoti-pensino-nonni-30896120662.shtml