domenica 28 novembre 2010

BAMBINI ESPOSTI ALLA VIOLENZA DOMESTICA



I bambini assistono impotenti alle liti tra i genitori tra urla, insulti e percosse.

I bambini vedono e sentono impauriti, ma non dicono nulla.

Dei bambini testimoni e vittime della violenza domestica, non si occupa nessuno.

In Francia è emerso che il 30 al 40 per cento dei bambini testimoni di violenza domestica, sono anche vittime di abusi. I bambini sono esposti alla violenza sia fisica che psicologica e alcune volte, purtroppo, ne rimangono coinvolti in prima linea, come accade nelle stragi in famiglia.

I bambini costituiscono un bel business per molte persone, ma ben pochi si preoccupano realmente della loro tutela.

Anche in assenza di violenza fisica, l’ambiente familiare può essere molto nocivo al sereno sviluppo psicofisico del minore per la mancanza di armonia e di rapporti civili tra i suoi componenti.

Oltre alla paura e all’ansia, in questi bambini può presto manifestarsi una mancanza di concentrazione che porta agli insuccessi scolastici e persino alla depressione.

Un bambino esposto per anni alla violenza in famiglia, ha più probabilità di diventare un adulto violento perché non conosce altra realtà all’infuori di quella che lui ha sempre vissuto.

C’è da sperare che nelle coppie che si separano cessi la violenza, con l’aiuto della giustizia o dell’intervento dei servizi sociali.

Ma oggi, purtroppo, sappiamo benissimo come, in virtù della legge sull’affido condiviso, molti uomini continuino “per l’interesse del minore”, ad avere libero accesso nella vita delle ex compagne e dei figli e poco importa, in molti casi, se sono stati denunciati o condannati per violenza.

Ai bambini oggi non si dà molto ascolto perché prevale la convinzione che siano manipolati dalle loro mamme e perciò sono considerati a priori poco attendibili.

Per una donna (psicologicamente intendo), è tutt’altro che semplice decidere di denunciare il proprio marito o compagno. Spesso, quando da vittima si sente in pericolo, ha l’urgenza di lasciare la casa coniugale e proteggere i figli. Molte volte lo fanno senza essersi prima rivolte al giudice.

Se i parenti stretti non possono ospitarli, è costretta con i figli a rivolgersi ai centri antiviolenza (che i violenti e i maschilisti vorrebbero fossero smantellati).

Al di là delle analisi che vengono fatte per giustificare gli uomini violenti (ahimè, oggi accade!) che si comportano come se donne e bambini fossero di loro proprietà, bisogna osservare come l’interesse primario non sia più quello di tutelare le vittime, bensì i loro carnefici.

Giudici, assistenti sociali, psicologi, si orientano su diverse ipotesi.
La prima è che la presenza del padre sia essenziale per lo sviluppo del bambino, anche se è un uomo violento perché, in sintonia con la legge sull’affido condiviso, “un uomo violento può essere un buon padre”.

E se poi accade che “un buon padre” uccida i suoi figli, poco importa.

Nessuno si sognerà mai di chiamare in causa chi ha facilitato che tutto questo accadesse.

Nonostante le faticose lotte che le donne, nostre ave, hanno dovuto combattere nei secoli per affermare la propria dignità e i propri diritti, noi donne di oggi siamo regredite alla peggiore società patriarcale.

Sostenere che la violenza si può “curare” con la mediazione familiare e la terapia psicologica, è falso e pericoloso per la donna (vedi caso di Cristina Rolle, uccisa davanti all’assistente sociale con 50 coltellate dal marito) perché dà l’illusione che il problema può essere risolto.

La realtà dimostra invece che le donne continuano ad essere aggredite da questi uomini violenti.

Il vero obiettivo che si propongono coloro che vogliono affermare i diritti di tutti i padri, indistintamente, anche di quelli violenti o a cui non interessa nulla di svolgere il loro ruolo genitoriale, è quello di ripristinare il controllo patriarcale sulle donne e bambini. Ma questo è fonte di un prossimo articolo.


Maeva Rubini